Giacomo Bucci

Giacomo Bucci approfondisce e sviluppa dagli anni ’70 ad oggi la ricerca del movimento nella fotografia artistica contemporanea.

La fotografia movimentista, nata ai primi del ‘900, fa della luce il pennello e della pellicola la sua tela. Il risultato è una fotografia astratta, talvolta fantastica e surreale.

Bucci usa proprio il movimento della macchina fotografica come tavolozza per sfumare le luci e mescolare i colori. Deframmenta l’immagine e la ripropone in una nuova forma espressiva.

Non cerca il movimento cinematografico. Gli interessa piuttosto strappare dall’oblio del tempo alcuni frammenti di vita per rappresentare non solo la loro immagine reale nello spazio ma anche la loro vera anima nel tempo.

Nell’era digitale Giacomo Bucci prosegue il suo lavoro di intentional camera movement producendo opere di puro fotodinamismo contemporaneo.

Fotografia astratta Giacomo Bucci

Con il movimento del soggetto e della fotocamera, la fotografia movimentista sovrappone, stiracchia e trascina i fotoni gli uni sugli altri per il tempo necessario a catturare l’anima del soggetto. L’anima “vera”, quella che il fotografo ha inseguito nel mirino.
Scopri di più >>>

Fotografia artistica contemporanea

Rappresentando in fotografia una visione trasfigurata della realtà, il fotodinamismo ottiene lo stesso risultato della pittura senza usare i pennelli. In più, rispetto alla tela e ai colori, conserva la verità del luogo e del momento fotografato.

Con il suo fotodinamismo contemporaneo Giacomo Bucci fonde insieme questi due aspetti apparentemente contrastanti.

Il primo, grazie all’interazione dinamica tra il mezzo fotografico e il soggetto, è finalizzato a raccogliere nella stessa immagine più significati della realtà.

Il secondo invece riguarda la visione creativa, così come si è realizzata nella mente del fotografo durante il rapporto empatico con il soggetto.

La ricerca di Giacomo Bucci è rivolta alla fotografia nella sua accezione classica. Infatti tutte le sue foto sono il risultato di un unico scatto, senza filtri in ripresa e senza manipolazione grafico pittorica in post produzione.

Fotografia movimentista Giacomo Bucci

Il Fotodinamismo futurista è quella meravigliosa scoperta che Anton Giulio Bragaglia ha consegnato alla storia “.. per un progresso nella fotografia: e questo per purificarla, nobilitarla ed elevarla veramente ad arte ..”.
Scopri di più >>>

Il pensiero di Giacomo Bucci

A chi mi chiede cosa voglio esprimere con la fotografia rispondo che mi interessa scoprire la bellezza della vita attraverso la dematerializzazione dell’immagine visibile nello spazio e la sua ricomposizione con la realtà aumentata della sua essenza nel tempo.

Perciò riprendo soggetti nel loro ambiente naturale, senza artifizi o trasformismi di scena e lascio che le mie fotografie si raccontino da sole, a me e a chi le vuole osservare.

I bravi fotografi riescono a cogliere l’anima del soggetto in un momento decisivo tendente al millesimo di secondo. Io no, ho bisogno di più tempo. Da me l’anima non si fa trovare così facilmente. Per scovarla, rincorrerla, afferrarla e catturarla sul piano focale ho bisogno almeno di un secondo o al massimo di un ottavo di secondo.

Non è sufficiente organizzare bene i tradizionali aspetti tecnici della fotografia. Solo muovendo la macchina fotografica in modo apparentemente anomalo e imprevedibile, quasi a rincorrere quel frammento di vita che sfugge, riesco a cogliere la sua anima.

Devo ammettere che il risultato non è sempre positivo. Quando non riesco a stabilire empatia con il soggetto la vera anima si sottrae all’inseguimento e mi trovo in mano una fotografia senza anima.

Se la trovo, però, provo la stessa gioia di un bimbo quando riceve un dono, anzi, di più. Sento che mi è stato dato il privilegio di sconfiggere la morte .. di quel frammento di vita che si è già perso per sempre nel tempo.

Già nei primi decenni del novecento si creavano fotografie astratte utilizzando artifici ottici, fotomontaggi e tecniche miste tra foto, disegno e pittura.

Da allora molti fotografi e artisti si sono cimentati alla scoperta di nuove vie dell’arte fotografica realizzando opere astratte con significati altri rispetto alla realtà oggettiva.

Il mio lavoro consiste nel cogliere lo stretto rapporto che esiste tra reale e surreale nel momento e nel luogo in cui riesco ad intercettare l’anima delle cose che si manifesta dalla materia.

Per indagare sulla legge interna alla materia in perenne mutazione e sul suo principio strutturale di vita ho bisogno di aumentare l’interazione dinamica tra il soggetto e i punti di osservazione.

Così il movimento della fotocamera durante lo scatto, tracciando sul piano focale i fotoni aggrovigliati tra di loro nel divenire dello spazio-tempo, sollecita la materia a svelare in una immagine astratta e allo stesso tempo reale la sua vera anima. Il risultato è la realizzazione di un ossimoro, astrazione reale.

Mosso creativo Giacomo Bucci

Ho avuto la fortuna di parlare di fotografia con Giacomo Bucci in alcune occasioni, e mi ha subito conquistato il suo entusiasmo nell’esprimere la sua poetica e la sua passione, più che decennale, per quest’arte.
Carla Pagliero
Scopri di più >>>

E’ opinione comune che l’astrattismo in pittura, come in fotografia, sia “facile”. Infatti, spesso si pensa che basti muovere a caso la fotocamera o che basti tracciare quattro righe con due macchie di colore per produrre un’opera astratta. Non è così.
Franca Agnetti
Scopri di più >>>

Ho avuto la ventura, come amico, di osservare e condividere i primi passi pionieristici di Giacomo Bucci fotografo movimentista. Tecnico raffinato e profondo conoscitore di tutti gli strumenti fotografici ha iniziato molto giovane a sperimentare nell’area del “mosso”, realizzando scatti, servizi e reportage di assoluto rilievo.
Luciano Franceschetto
Scopri di più >>>

Mosso creativo Giacomo Bucci

Le mie fotografie pubblicate negli anni ’60 non raggiungevano l’espressività che volevo, cosi decisi di dedicarmi alla ricerca di un nuovo linguaggio fotografico che mettesse in evidenza non solo il dinamismo reale del soggetto ma soprattutto l’intrinseca essenza della sua natura: l’anima.

Per concentrare la mia ricerca sull’anima andavo cercando soggetti rigorosamente immobili e li riprendevo con strani movimenti della macchina fotografica sperando che succedesse qualcosa di magico.

Infine, dopo alcuni anni di tentativi e una quantità di rullini di diapositive Kodacrome II°, nel 1969 realizzai la mia prima fotografia mossa con l’anima: l’avevo trovata davanti al portale di Santa Maria delle Grazie a Milano. Era la foto mossa di un soggetto statico, il mosso creativo che gli inglesi chiamano anche intentional camera movement.

Giacomo Bucci PHOTO 13 1973 34-35

Nel 1973 furono pubblicate alcune mie fotografie sulle riviste di settore. Fu allora che mi illusi di aver inventato le regole del mosso creativo leggendo la recensione di Ando Gilardi su PHOTO 13 di Giugno 1973.

Venendo però a conoscenza per la prima volta nell’aprile del 1974 delle opere fotografiche di Anton Giulio Bragaglia mi accorsi di non essere stato il primo ad utilizzare il mosso in fotografia e capii di aver trovato il maestro della fotografia movimentista: potevo solo sperare di diventarne erede.

A vent’anni avevo un sogno: speravo di potermi dedicare tutta la vita alla fotografia e diventare un grande fotografo. Perciò andavo bussando alle porte delle agenzie pubblicitarie e delle riviste di costume a Milano e a Londra presentando il mio portfolio. Tutti erano incuriositi dal mio stile innovativo ma si dicevano dispiaciuti di non poter utilizzare commercialmente le fotografie mosse. Io li capivo.

Poi, quando negli anni settanta alcuni redattori di riviste fotografiche e gallerie decisero di pubblicare i miei lavori, toccavo il cielo con un dito e li ringraziavo perché non si facevano pagare lo spazio che mi concedevano.

La sola committenza che ho ottenuto è stata quella della Decca Record nel 1974 per la copertina di un disco di musica classica. Mi fruttò 20 sterline ma ne spesi di più per recarmi fuori Londra a fotografare il celebre tenore Joseph Rouleau. Da allora imparai a non contare sulle committenze.

Il sogno artistico

Per non tradire però il grande amore che avevo per la fotografia movimentista decisi di non dedicarmi ad altri tipi di fotografia, anche se più remunerativi, e diventai il committente di me stesso. Il mio lavoro di grafico avrebbe dovuto supportarmi economicamente per il tempo necessario a realizzare il sogno di fotografo artistico.

Ero libero di fotografare quello che volevo, con un solo limite: le foto dovevano cogliere la vera anima del frammento di vita che riprendevo. Se venivano bene le stampavo e le proponevo come quadri al mio amico Edoardo Legrenzi che li vendeva ad amici e parenti. Quanti? Pochi. Ma non per colpa sua: erano troppo mossi.

Alla mia prima mostra personale tenuta nel 1974 alla “The Photographer’s Gallery” di Londra i miei quadri venivano venduti a 25 sterline ciascuno. Non chiedetemi quanti ne ho venduti.

La seconda mostra personale a “Il Diaframma” di Milano mi fu proposta invece da Lanfranco Colombo nel 1975 quando entrai a far parte di “Dimensione“, il gruppo di fotografi avanguardisti di Brera.

Meglio uscirne almeno sentimentalmente

Così, per mancanza di committenze e per non tradire la mia visione artistica della fotografia, nel 1976 abbandonai la professione di fotografo e il mio sogno, aderendo in piena coscienza al suggerimento che mi diede Ando Gilardi su PHOTO 13 di Aprile 1974 :

Bisognerebbe Bucci fosse morto, allora sì: il valore può essergli dato ufficialmente senza pericoli. Mulas insegna. Ma noi auguriamo a Bucci l’insuccesso: che è come augurargli lunga vita. E gli ripetiamo qui, quanto gli abbiamo detto a voce: l’immagine è una cosa bella e seria, ma il suo mondo, cioè l’ambiente della sua produzione e dei suoi consumi no: è brutto, meschino, amministrato da gaglioffi. Meglio uscirne almeno sentimentalmente”.

fotografia movimentista

Nel 2018, al risveglio da un lungo letargo durato 43 anni, la musa della fotografia movimentista mi ha richiamato e, incoraggiato da autorevoli esponenti dell’arte e della fotografia, sono ritornato a fotografare.

Mosso creativo Giacomo Bucci

In Italia negli anni settanta del Novecento pochi sostenevano che, come la pittura, anche la fotografia doveva essere riconosciuta vera forma d’arte. Io ero tra questi e credevo ingenuamente di dare un contributo ad avvicinare la fotografia al mondo dell’arte proponendo le mie fotografie come quadri.

In più sceglievo di fotografare solo a colori con pellicola diapositiva che, pur consentendo riproduzioni e stampe, conferiva all’opera fotografica la natura di esemplare unico e originale, proprio come avviene per la tela di un quadro.

Pensavo che avvicinare la fotografia all’iconografia pittorica avrebbe favorito il suo riconoscimento artistico. Niente di più sbagliato. La storia ha dimostrato che la fotografia è arte in sé e, per esserlo, non ha bisogno di confrontarsi con la pittura così come la pittura non lo fa con le altre arti.

Il codice binario

Da quando la fotografia viene riconosciuta vera forma d’arte non sostengo più l’unicità delle mie fotografie e, ancor di più, non mi serve l’analogico. Trovo che il digitale sia il mezzo giusto per rappresentare l’anima dei frammenti di vita che fluttuano nel tempo e nello spazio. Ad una condizione però: che il file digitale ottenuto in ripresa non venga poi manipolato graficamente in fase di post-produzione.

fotografia mossa

Sento che l’anima che attraversa l’obiettivo si concede sul piano focale solo a condizione che venga rispettata la sua originalità. Perciò sono vietate le mirabolanti tecniche grafiche digitali per migliorarla. Bisogna accettare che sia solo quello che vuole essere: non perfetta e magnifica ma vera e autentica. E’ una questione di onestà intellettuale.

Così come la rappresentazione dell’universo si descrive in una sequenza di numeri e di formule, altrettanto l’immagine raccolta dalla fotocamera digitale si esprime in un codice binario, univoco e finito.

Allora il vero originale è proprio quel codice binario capace di restituire, sempre perfettamente uguale a se stesso, il frammento di vita catturato sul piano focale e perso per sempre dopo lo scatto.

Per riassaporare l’emozione che evoca la sua immagine basta un mezzo di riproduzione digitale e un click.

Mi è sempre piaciuto raccontare la storia dei frammenti di vita catturati con la mia macchina fotografica. Così sono nate le “raccolte” di fotografia movimentista.

Però non mi sarei mai aspettato che rappresentando in immagini astratte il mondo reale avrei lasciato traccia, come Pollicino, della mia storia personale.

Mancano all’appello gli anni dedicati al mondo del management, tuttavia sono presenti i miei momenti più entusiasmanti, quelli che ho vissuto con la macchina fotografica in mano.

Le settecento diapositive di fotografia movimentista che ho prodotto fino al 1976 ricordano proprio la mia giovinezza mentre le migliaia di fotografie movimentiste scattate con la fotocamera digitale dal 2018 in poi raccontano gli affetti e i luoghi della mia senilità.

In questi racconti rivedo tutti i momenti e le emozioni vissute in ogni scatto e ringrazio la fotografia per avermi insegnato a scoprire nell’anima delle cose la bellezza del creato.

Giacomo Bucci intentional camera movement

La fotografia istantanea riduce a due dimensioni la realtà tridimensionale in cui sono immerse le cose. La fotografia movimentista, utilizzando un tempo lungo durante lo scatto, alle due dimensioni ne aggiunge un’altra, quella della vita.

Mosso creativo Giacomo Bucci