Una fotografia mossa è una fotografia sbagliata e non ha merito se è il risultato di un imprevisto. Se invece il soggetto viene mosso in modo da ottenere un prodotto artistico, allora il risultato è una fotografia movimentista e di merito ne ha perché è frutto di un’intenzione creativa.

Nella fotografia movimentista si intravedono gli aspetti della pittura futurista e di avanguardia che hanno alimentato nel Novecento lo scontro, poi diventato dialogo, tra fotografia e pittura.

fotografia movimentista
fotografia mossa

Le origini della fotografia movimentista

La prima definizione di “movimentismo” in fotografia si trova nel saggio Fotodinamismo futurista di Anton Giulio Bragaglia del 1913 dove si chiarisce che: “ E’ necessario principalmente distinguere tra dinamismo e dinamismo. Vi è il dinamismo effettivo, realistico, degli oggetti in evoluzione di moto reale – che per maggior precisione, dovrebbe essere definito movimentismo – e v’è il dinamismo virtuale degli oggetti in statica del quale si interessa la Pittura Futurista. Il nostro è movimentismo …”

Inizialmente le fotografie di Anton Giulio Bragaglia non incontrarono il favore dei Futuristi che vollero sancire una netta distinzione tra la Pittura Futurista e la Fotodinamica, ma furono il primo esperimento di mosso creativo e una pietra miliare nella storia della fotografia. L’inizio di quello che poi sarebbe stato chiamato anche intentional camera movement.

fotografia mossa Giacomo Bucci

La fotografia movimentista contemporanea

Il termine “fotografia movimentista”, utilizzato per indicare una corrente della fotografia, è stato poi ripreso da Ando Gilardi nel suo articolo pubblicato sulla rivista PHOTO 13 di Aprile 1974 dove scriveva “Giacomo Bucci fotoreporter movimentista .. in ordine di successione .. erede (forse non unico ma probabilmente il più valido) del “fotodinamismo”, ovvero della “fotografia movimentista”..”

Riflettendo sulla concezione contemporanea del tempo e dello spazio Giacomo Bucci ha indagato a cavallo di due secoli sulla natura insieme reale e surreale della fotografia astratta come risultante dell’esposizione continua del soggetto su uno stesso piano focale in movimento. Vediamo come.

Lo spazio-tempo

Esiste una forte correlazione tra lo spazio, il tempo e la velocità così come vengono definite dalla fisica:

  • lo spazio è un luogo disponibile per gli oggetti della realtà individuati da una collocazione e dotati di una dimensione;
  • il tempo è una continuità illimitata ma suddivisibile in corrispondenza dello svolgersi di determinati fenomeni;
  • la velocità è la rapidità con cui si muove un corpo ed è data dal rapporto tra lo spazio percorso e il tempo impiegato per percorrerlo.

Se osserviamo lo spazio allora osserviamo anche il tempo come un’unica grandezza che ha un verso, una direzione, una freccia.

Lo spazio e il tempo sono inseparabili ma non sono assoluti. E’ proprio la velocità con la quale percorriamo lo spazio e il tempo a definire la nostra percezione del reale.

Il tempo e la luce

Se l’idea del tempo si coglie solo considerando il movimento delle cose nello spazio, per rappresentarlo, bisogna cogliere lo spostamento associato al dinamismo degli oggetti e delle persone che si muovono da un luogo ad un altro.

Ma il tempo non è uguale per tutti e la sua percezione è diversa per ciascuno di noi. Allora come si fa ad osservare il tempo che trascorre dappertutto nello spazio in movimento?

Bisogna inseguire la luce.

L’intima natura della luce è una particella elementare con massa zero che si propaga nel vuoto su un’onda elettromagnetica. Si chiama fotone, il “quanto” della luce.

Non ci crederete ma dobbiamo al fotone l’esistenza di tutto quello che siamo e che vediamo.

Il fotone bizzarro

Il fotone è quella meravigliosa particella della luce la cui energia si assorbe a contatto con la materia generando l’effetto fotoelettrico.

I fotoni sono particelle molto particolari. Si propagano nel vuoto in piccoli pacchetti di energia che viaggiano su onde elettromagnetiche con frequenze diverse, alcune visibili altre invisibili.

I fotoni producono anche una certa risonanza, un rumore di fondo.

Nel campo elettromagnetico infatti il fotone vibra in modo perpendicolare alla direzione del moto, oscillando su due vettori, uno orizzontale e un altro verticale.

Tra reale e surreale

Facciamo un salto e passiamo dalla fisica alla filosofia e all’arte ipotizzando che nella propagazione del fotone vi siano alcuni vettori d’onda reali e altri surreali.

La tecnica fotografica ha impiegato anni a ridurre il tempo di esposizione per evitare “il mosso” e avere un soggetto molto ben definito. Il pregio della fotografia infatti consiste nel realizzare un’immagine il più possibile fedele alla realtà.

Nell’interazione dinamica tra il soggetto e i vari punti di osservazione convivono però più significati della realtà.

Proprio per arricchire la realtà di tali significati si può ampliare il tempo di esposizione e tracciare sul piano focale i fotoni aggrovigliati tra di loro nel divenire dello spazio-tempo.

Così, modificando il punto di osservazione, il fotografo movimentista sovrappone, stiracchia e trascina i fotoni gli uni sugli altri per il tempo necessario a catturare l’anima della materia.

fotografia movimentista

L’anima della materia

L’universo, come ogni cosa in esso contenuta, è in movimento. Così tutta la materia del mondo è in perenne mutazione.

Alcuni filosofi pensano che il motore di questa mutazione consista in uno spirito ordinatore, altri lo chiamano Dio.

Anche gli scienziati hanno stabilito che ogni cosa è animata da una legge interna alla materia che costituisce il suo principio strutturale di vita, organica o inorganica che sia. La materia infatti è formata da particelle in continuo movimento.

Così quando i fotoni incontrano queste particelle si propagano su onde elettromagnetiche che riflettono non solo l’immagine della materia ma anche la sua anima.

E’ proprio l’anima che interessa il fotografo movimentista quando rincorre e cattura i fotoni che fluttuano nello spazio in quel preciso momento e in quel preciso luogo in cui si trova la materia.

Commenti

Ho avuto la ventura, come amico, di osservare e condividere i primi passi pionieristici di Giacomo Bucci fotografo movimentista.

Tecnico raffinato e profondo conoscitore di tutti gli strumenti fotografici: diaframmi, grandangoli, teleobiettivi, pellicole, luci, treppiedi, giochi di colore ed altro, ha iniziato molto giovane a sperimentare nell’area del “mosso”, realizzando scatti, servizi e reportage di assoluto rilievo.

Studio, ricerca, talento e, soprattutto, una infinita passione hanno via via edificato le fondamenta della sua maturazione professionale, trasformandolo nel tempo in Maestro ed Artista.

Bucci quando fotografa interagisce con il suo soggetto, animato o inanimato che sia, lo “muove” lo tratteggia, lo sublima; infine con l’ultimo fermo immagine lo cristallizza e lo consegna alla Storia delle arti visive e ad una ambiziosa Posterità.

Luciano Franceschetto, Dirigente e Giurista di impresa

Corrente movimentista. Come te anch’io adoro spesso movimentare una scena statica con il movimento della fotocamera e, come giustamente affermi tu, non sempre i risultati sono apprezzabili, però quando riesce .. sì, è un regalo inaspettato che ci facciamo da soli!!

Applico questa tecnica anche nella streetphotography creando a volte degli zombie che passeggiano per città o nei boschi fitti di alberi e con poca luce, o luce filtrante, ottenendo delle immagini singolari, spettrali se vogliamo, ma sono immagini vive che con il movimento della fotocamera tolgono quella staticità ed anche banalità dello scatto!!

Grazie a te ed a chi ti ha citato prima di incontrarti su questa tua pagina ho la conferma di quanta arte si nasconda dietro un semplice movimento della fotocamera!!

Gianni Zigante, Fotografo freelance