Il Fotodinamismo futurista, movimento artistico nato nella seconda decade del ‘900 dall’ingegno di Anton Giulio Bragaglia, ha rappresentato in immagine il “dinamismo effettivo, realistico, degli oggetti in evoluzione di moto reale”.

Se cerchiamo su Internet la parola “fotodinamismo” le risposte sono associate al Futurismo a conferma che nell’immaginario collettivo il Fotodinamismo è vissuto come una declinazione del Futurismo. Ma è proprio così?

D’altronde il primo a sancire questa associazione di idee è stato proprio lo steso Anton Giulio Bragaglia che intitolò Fotodinamismo futurista il suo saggio sulla Fotodinamica.

Fotodinamismo futurista e contemporaneo

E’ lecito però porsi la domanda: il Fotodinamismo può vivere da solo senza il Futurismo?

Per rispondere ripercorriamo brevemente la straordinaria avventura di Bragaglia e della sua Fotodinamica.

Fotodinamismo futurista

La Fotodinamica perduta

Se si cerca su Google la sola parola chiave “fotodinamica” i risultati in prima pagina riguardano una certa “terapia fotodinamica per la cura di alcune affezioni cutanee”.

Che peccato! E’ triste constatare che si è perso nel tempo il significato di Fotodinamica così come lo intendeva Bragaglia.

La Fotodinamica dei fratelli Bragaglia, annunciata sulla rivista Lacerba nel 1910 e pubblicata da Anton Giulio Bragaglia nel 1913 sul suo saggio Fotodinamismo futurista, aveva come ” .. scopo il ricordo della sensazione dinamica di un movimento e la sua sagoma scientificamente fedele, anche nella dematerializzazione ..”.

La Fotodinamica bragagliana è quella tecnica fotografica che consiste principalmente nel riprendere un soggetto in movimento con tempi di esposizione lunghi e luce radente su fondo scuro. Significato che oggi viene relegato solamente ai cultori del mosso creativo e dell’intentional camera movement.

fotografia futurista

Quando nel primo Novecento l’introduzione dell’illuminazione artificiale negli studi dei maggiori fotografi consentì, come a Puyo, di industrializzare un prodotto fotografico di alto livello e venderlo alla borghesia del tempo a prezzi molto elevati, la fotografia “nobile” era rappresentata essenzialmente da una ritrattistica statica.

Gli artisti dell’epoca, che già pensavano alla dinamica del movimento, ritenevano che la fotografia fosse solo un mezzo di rappresentazione tecnica del visibile e che poco si prestasse ad esaltare la loro creatività.

I primi tentativi di descrivere il movimento in fotografia riguardavano la sperimentazione di Marey e Muybridge. Anche la loro tecnica consisteva nel fissare in una sequenza cronologica una serie di immagini statiche.

Nel primo ‘900 i fratelli Bragaglia respiravano l’ambiente della produzione artistica cinematografica della casa romana Cines di cui il padre Francesco era direttore.

Anton Giulio Bragaglia, nato a Frosinone nel 1890 e deceduto a Roma nel 1960, è il padre del Fotodinamismo futurista. Dopo l’esperienza Fotodinamica si dedica alla regia e alla critica cinematografica. Aderisce al Futurismo, dal quale viene prima rinnegato e poi riabilitato. Si occupa di politica ed è riconosciuto acuto saggista delle arti di avanguardia e dello spettacolo.

Arturo Bragaglia, nato a Frosinone nel 1893 e deceduto a Roma nel 1962, in gioventù collabora con il fratello Anton Giulio alla produzione delle fotodinamiche e successivamente si dedica all’attività di attore caratterista cinematografico.

Carlo Ludovico Bragaglia, nato a Frosinone nel 1894 e deceduto a Roma nel 1998, collabora con i suoi fratelli ed è fotografo ritrattista d’arte per importanti personaggi del cinema e della cultura dell’epoca. Successivamente si occupa di regia e sceneggiatura.

Agli inizi del XX secolo i valori sociali e culturali dell’industrializzazione erano il movimento e il progresso.

Il Futurismo, movimento artistico che iniziò nel 1909 con la pubblicazione del Manifesto Futurista di Filippo Tommaso Marinetti, proclamava la fervente esaltazione del dinamismo e della modernità contrapposta in chiave ideologica alla cultura e all’arte del passato.

Nel Manifesto Futurista si trovano concetti poetici come: la bellezza della velocità, l’esaltazione del movimento e il passo di corsa; ma anche termini trasgressivi come: lo schiaffo e il pugno, la ribellione e la violenza travolgente e incendiaria.

Due sono i punti di maggior aggressività:

Il punto 9 che anticipa l’ideologia fascista degli anni successivi: “Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.”

E il punto 10 che contiene la sfida alla cultura e all’arte tradizionale: “Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria.”

Nel primo Futurismo oltre alla pittura era rappresentata la poesia e la musica, ma non la fotografia.

Lo dimostra il saggio di Marinetti Uccidiamo il chiaro di luna! del 1911 dove è stampato a lettere cubitali che il: “Gruppo dirigente del Movimento Futurista” è formato dai:

POETI FUTURISTI F. T. Marinetti, G.P. Lucini, Paolo Buzzi, A. Palazzeschi, E. Cavacchioli, Corrado Govoni, Libero Altomare, E. Cardile, Luciano Folgore, G. Carrieri, E. Manzella Frontini; dai PITTORI FUTURISTI U. Boccioni, C.D. Carrà, L. Russolo, Giacomo Balla, G. Severini e dai MUSICISTI FUTURISTI Balilla Pratella.”

Non ci sono FOTOGRAFI FUTURISTI !

Fotodinamismo fotografia

Il discredito futurista

I futuristi avevano con la Fotodinamica un rapporto travagliato. Umberto Boccioni, tra gli oppositori più accesi, considerava la fotografia un’arte minore sia per la facilità d’uso dello strumento che per la staticità dell’immagine prodotta.

Però il suo pregiudizio sulla Fotodinamica, che di dinamismo ne aveva e come, celava probabilmente altre motivazioni corporative quando nel settembre del 1913, in occasione di una mostra futurista, scriveva così al gallerista Sprovieri:

“Mi raccomando, te lo scrivo a nome degli amici futuristi, escludi qualsiasi contatto con la fotodinamica del Bragaglia. È una presuntuosa inutilità che danneggia le nostre aspirazioni di liberazione dalla riproduzione schematica o successiva della statica e del moto .. Immagina dunque se abbiamo bisogno della grafomania di un fotografo positivista del dinamismo .. Dinamismo sperimentale. Il suo libercolo mi è sembrato, e così agli amici, semplicemente mostruoso. Grottesca la prosopopea e l’infatuazione sull’inesistente.”

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Fotodinamica

Il Fotodinamismo futurista rifiutato dai Futuristi

Nell’ottobre 1913 su Lacerba, Boccioni, Balla, Carrà, Severini, Russolo e Soffici furono ancora più determinati nell’attacco alla Fotodinamica futurista di Bragaglia scrivendo il seguente Avviso:

“Data l’ignoranza generale in materia d’arte, e per evitare equivoci, noi Pittori futuristi dichiariamo che tutto ciò che si riferisce alla fotodinamica concerne esclusivamente delle innovazioni nel campo della fotografia. Tali ricerche puramente fotografiche non hanno assolutamente nulla a che fare col Dinamismo plastico da noi inventato, né con qualsiasi ricerca dinamica nel dominio della pittura, della scultura e dell’architettura.”

I dirigenti futuristi non potevano essere più chiari: la Fotodinamica non era “materia d’arte” come non lo era la fotografia.

Anton Giulio Bragaglia, nel tentativo di far accettare ai futuristi la Fotodinamica più come arte futurista che come tecnica fotografica, scrisse sul suo saggio: “Anche per questo ci piace inoltre di far osservare, che io e mio fratello Arturo, non siamo fotografi, e ci troviamo ben lontani dalla professione di fotografi. La quale circostanza dimostra come non siamo gente che batte la grancassa per la propria bottega.”

Neanche questa dichiarazione servì a mitigare l’aggressione dei futuristi al Fotodinamismo, nonostante fosse largamente in sintonia con i fondamenti dell’arte futurista.

Prova ne sia il Manifesto tecnico – La pittura futurista del 1910 sul quale Boccioni, Carrà, Russolo, Balla e Severini scrissero:

“ Il gesto per noi, non sarà più un momento fermato del dinamismo universale: sarà, decisamente, la sensazione dinamica eternata come tale. Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido. Una figura non è mai stabile davanti a noi ma appare e scompare incessantemente. Per la persistenza della immagine nella retina, le cose in movimento si moltiplicano, si deformano, susseguendosi, come vibrazioni, nello spazio che percorrono.”

Ma questo non è il Fotodinamismo ?

fotodinamismo contemporaneo

Il saggio Fotodinamismo futurista di Anton Giulio Bragaglia costava 20 soldi. Fu stampato dalla Tipografia Mundus e pubblicato da Nalato in una prima edizione di 48 pagine e 16 immagini il 30 giugno del 1913, dopo la conferenza del 24 aprile tenuta a Roma dallo stesso Bragaglia alla presenza di Marinetti, Altomare e Folgore.

La seconda edizione, che costava 10 soldi pur essendo simile alla prima, fu pubblicata nel corso del 1913 come la terza edizione che, rispetto alla seconda, aggiungeva al testo la nuova fotodinamica “Un gesto del Capo”.

Il saggio è poi stato ripubblicato da Einaudi nel 1970 e nel 1980.

I fratelli Bragaglia, volendo allontanarsi dalla tecnica cronofotografica di Marey e Muybridge, sintetizzarono in un solo scatto fotografico la sensazione dello scorrere del tempo per coinvolgere il lettore in una visione onirica del reale.

Non volevano rappresentare il movimento in una sequenza cinematografica. Avevano l’ambizione di realizzare una interpretazione emotiva del soggetto tramite la sua immagine dematerializzata.

La Fotodinamica non era quindi solo una tecnica fotografica, era soprattutto un mezzo di espressione artistica del dinamismo.

Ecco perché il Fotodinamismo, nonostante le critiche, conferiva pieno titolo alla Fotografia di appartenere al novero delle arti nobili come la Pittura, la Scultura e l’Architettura.

Il riconoscimento tardivo

Il Futurismo cominciò ad interessarsi della fotografia solo dopo vent’anni dalla nascita del Fotodinamismo. Nel 1930 Filippo Tommaso Marinetti e Guglielmo Sansoni (Tato) pubblicarono il Manifesto della fotografia futurista che riconosceva finalmente il Fotodinamismo e le foto in movimento.

Troppo tardi per Bragaglia che aveva già desistito dall’inseguire i mulini a vento e troppo tardi anche per la fotografia futurista che non si seppe ritagliare uno spazio significativo.

Manifesto della fotografia futurista

Fotodinamismo storia

Il Fotodinamismo è futurista?

Non ci siamo dimenticati della domanda con la quale abbiamo aperto la discussione e, nonostante quanto abbiamo scritto, ci sembra ancora arduo dare una risposta che sia univoca. Di risposte ce ne sono due, forse perché il sostantivo Fotodinamismo è la sintesi di due parole, fotografia e dinamismo.

La prima, focalizzata sulla parola dinamismo, considera come Anton Giulio Bragaglia avesse tutte le sue buone ragioni per definire futurista il Fotodinamismo. Non solo perché la Fotodinamica era in perfetta aderenza alle tematiche artistiche futuriste, ma anche perché il suo inventore era proprio figlio del suo tempo, del primo Futurismo, quello originale.

La seconda risposta è focalizzata sulla parola fotografia. Riguarda il fatto che non serve l’accreditamento futurista a definire compiutamente il Fotodinamismo. Basta l’originalità della Fotodinamica in sé a certificare il suo grande valore storico, intellettuale ed artistico.

Allora, se ai posteri viene consegnata la responsabilità dell’ardua sentenza, ciascuno può scegliere la prima o la seconda risposta.

Io che sono un fotografo contemporaneo scelgo la seconda.

Fotodinamismo e basta

Allora il Fotodinamismo è il meraviglioso incunabolo che Anton Giulio Bragaglia ha consegnato alla storia nel 1913 “.. per un progresso nella fotografia: e questo per purificarla, nobilitarla ed elevarla veramente ad arte ..”.

Alla memoria del mio maestro dedico le fotografie contenute in questa pagina, fotografie da me scattate tra il 1972 e il 2019 a dimostrazione che il Fotodinamismo può essere anche contemporaneo.

Commenti

Che bella scoperta. Arrivata su questa pagina in seguito a una ricerca sul fotodinamismo, ho curiosato fra le raccolte.
Sono stata colpita dalle immagini di Milano.
Un mosso consapevole che dà vita anche ad un banale grattacielo e apre alla fantasia percorsi sempre nuovi.

Donatella